“Rinascita”: arrestato anche un assistente giudiziario del Tribunale di Vibo
Concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, falso ed abuso d’ufficio. A vario titolo coinvolti un avvocato, un consulente ed un ingegnere

C’è anche l’assistente giudiziario Danilo Tripodi, 38 anni, di Vibo Valentia, fra gli arrestati dell’operazione antimafia “Rinascita – Scott”. E’ accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari, falsità materiale in atti pubblici e abuso d’ufficio. In particolare, secondo l’accusa Danilo Tripodi, sfruttando il suo ruolo istituzionale in qualità di operatore giudiziario in servizio nella segreteria del Tribunale di Vibo Valentia, avrebbe fornito uno stabile contributo alla vita dei clan di Vibo, Limbadi, Sant’Onofrio e Zungri, “ponendosi quale punto di riferimento per gli associati, dei loro più stretti congiunti, dei concorrenti esterni ai quali risultava in alcuni casi anche legato da cointeressenza imprenditoriali e affaristiche, per le pratiche ed i contenziosi pendenti nell’ufficio giudiziario vibonese. Danilo Tripodi avrebbe così fornito informazioni sui processi, consentendo la fuoriuscita dei fascicoli processuali e manipolando le nomine dei C.T.U., arrivando – secondo l’accusa – a modificare le date di ricezione degli atti in Tribunale, condizionando così l’esito dei processi e fornendo assistenza legale ed economica ad alcuni sodali detenuti.
In particolare, il reato di corruzione in atti giudiziari gli viene contestato in concorso con l’indagato Antonio Di Virgilio, 59 anni, di Catanzaro, Ctu nominato dal giudice in un procedimento civile afferente una richiesta di risarcimento danni da parte dell’avvocato Francesco Stilo (arrestato) ad una società assicurativa con l’incarico di accertare la condizione di invalidità dell’attore Francesco Stilo dopo un incidente stradale e la connessione tra quest’ultima e la mancata diagnosi di “sospetta dissezione aortica” da parte dell’ospedale di Tropea.

Danilo Tripodi, quale assistente giudiziario del Tribunale di Vibo Valentia, nonché segretario dell’ex presidente del Tribunale e uomo di fiducia di quest’ultimo, è quindi accusato di aver stretto un patto corruttivo con l’avvocato Stilo per giungere celermente ad un esito della controversia positivo per il legale. Il tutto a fronte di una serie di vantaggi patrimoniali per il C.t.u. nei rapporti di lavoro con il Tribunale (aumento dell’onorario, possibilità di nuovi incarichi).
Antonio Di Virgilio, in qualità di C.T.U. nominato dal giudice, sarebbe venuto incontro alle richieste di Danilo Tripodi, modificando l’originaria consulenza già redatta e trasmessa all’allora presidente del Tribunale a mezzo di posta elettronica certificata, riportando le modifiche alle conclusioni finali per come richiestogli da Tripodi, ottenendo in cambio un più lauto onorario e successivi ulteriori incarichi da C.t.u. Tutto ciò sarebbe avvenuto, secondo la ricostruzione accusatoria, fra il maggio e l’agosto 2018.

L’accusa di abuso d’ufficio nei confronti Danilo Tripodi si riferisce invece ad un episodio che sarebbe avvenuto il 17 settembre 2018 e lo vede rispondere insieme all’ingegnere Francesco Basile, 63 anni, di Vibo Valentia, indagato a piede libero. Danilo Tripodi – secondo l’accusa – avrebbe consegnato ad una persona non identificata, designata dall’ingegnere Francesco Basile (ritenuto dai magistrati l’istigatore e il beneficiario della condotta delittuosa), un fascicolo processuale richiestogli informalmente al telefono da quest’ultimo. Il fascicolo sarebbe stato portato fuori dal palazzo di giustizia “in violazione delle procedure previste dai regolamenti interni ed omettendo di ricevere formale richiesta da persona titolata a presentarla e di far versare i dovuti pagamenti per i diritti di cancelleria, così procurando a Basile (intenzionalmente, secondo l’accusa) un ingiusto vantaggio patrimoniale in danno della pubblica amministrazione”.

L’ingegnere Francesco Basile è noto a Vibo, fra l’altro, oltre che per l’impegno in politica per diversi anni nelle fila dell’Udc e per la libera professione, per essere stato il direttore dei lavori del c.d. “Palazzo della Vergogna” sul centralissimo corso Vittorio Emanuele. In tale veste in primo grado a Vibo è stato ritenuto colpevole in sede penale, unitamente ad altri imputati, di aver cagionato il crollo del fabbricato ( “palazzo della Vergogna”) per non aver adottato le necessarie precauzioni e regole di cautela previste nel progetto. La Corte d’appello ha poi dichiarato in secondo grado la prescrizione del reato e nel 2001 la sentenza di è divenuta definitiva. Nel 2002, lo stesso ingegnere Francesco Basile è stato nominato assessore ai Lavori pubblici ed all’Urbanistica del Comune di Vibo dall’allora sindaco Elio Costa (nel corso del suo primo mandato). Negli atti dell’inchiesta “Rinascita – Scott” della Dda di Catanzaro, Francesco Basile appare in ripetuti contatti con Giovanni Giamborino di Piscopio, quest’ultimo arrestato per associazione mafiosa in quanto ritenuto vicino al boss Luigi Mancuso di Limbadi.
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