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Ex Italcementi di Vibo Marina, a dieci anni dalla chiusura nessuna riconversione del sito

Lo stabilimento industriale della frazione ha chiuso le porte e dismesso la sua produzione di calcestruzzo ormai nel lontano 2012

Ex Italcementi di Vibo Marina, a dieci anni dalla chiusura nessuna riconversione del sito
La ex Italcementi di Vibo Marina
L’ex Italcementi di Vibo Marina

Lo stabilimento Italcementi di Vibo Marina ha chiuso le porte e dismesso la sua produzione di calcestruzzo ormai nel lontano 2012. Dieci anni fa. Lettera di licenziamento per le ultime maestranze della fabbrica (tra operai, tecnici e amministrativi)  e decine di imprese che da anni ruotavano attorno alla cementeria della frazione finite in ginocchio. Da allora il sito dismesso è rimasto una sorta di grande cimitero industriale, ricoperto a tratti da rovi e sterpaglie. Trenta ettari di terreno che occupano una porzione di territorio fondamentale per la vivibilità della frazione marina. Lo stabilimento, che per decenni ha prodotto calcestruzzo, una volta chiuso ha dunque messo fine in questo lembo di terra al sogno industriale iniziato anche qui con il boom economico degli anni 60 in una Italia che cresceva e guardava avanti con fiducia nel progresso industriale e nel riscatto sociale ed economico di un Paese ancora fortemente arretrato. Nel tempo non sono mancati gli incontri, le riunioni e le più svariate proposte di riconversione dell’impianto, nonché ordini del giorno da discutere in consiglio comunale affinché la politica si facesse carico del problema e trovasse una soluzione adeguata e utile, unitamente alla proprietà. Tuttavia, tutto si è sempre risolto in dibattiti e in maniera interlocutoria. Tant’è che poi – puntualmente – idee e proposte sono rimaste ferme sulla carta. E tutto è rimasto come al 2012. [Continua in basso]

Un passo indietro a partire dal 1974

«Nel 1973 – si legge in un power point del gruppo industriale – Italcementi acquista il Gruppo Cementi Segni e dal 1° gennaio 1974 inizia la gestione della cementeria di Vibo Valentia, dotata di due impianti di macinazione del crudo, di un impianto per la preparazione della miscela da inviare ai 4 forni a via umida e di sei impianti di macinazione del cemento. Negli anni successivi vengono effettuati numerosi interventi di carattere ambientale. Nel 1985 iniziano, con le palificazioni, i lavori preparatori per l’ammodernamento della cementeria e vengono demoliti i forni 1 e 2 (già inattivi dal 1975) per realizzare la nuova macinazione del carbone. Nel 1987 vengono completati il nuovo deposito calcare e marna e il nuovo serbatoio metallico di deposito clinker mentre il vecchio capannone viene utilizzato soltanto per i correttivi del cotto e per il carbone».

A settembre  – è scritto ancora – «vengono definitivamente fermati i forni 3 e 4 con la macinazione a via umida e l’impianto omo miscela. Il 31 agosto 1987 viene avviato il nuovo forno a via secca progettato da Italcementi ed entra in funzione la sala centralizzata di comando e di controllo del ciclo produttivo, ad esclusione della macinazione del cotto. L’anno successivo la cementeria di Vibo Valentia realizza il primo esercizio completo della nuova linea di cottura con produzione di 480.000 t di clinker e con risultati ambientali molto validi».

L’ultima proposta: trasformare il sito in un Parco polivalente

Il progetto del Parco polivalente

Un’ultima proposta, ma solo in ordine di tempo, di riconversione è stata avanzata lo scorso anno (luglio 2021) nel corso di una conferenza stampa che ha visto presenti Giuseppe Leonetti, presidente del comitato Eiponieon Venus, Giuseppe Incarnato, presidente della Igi Investimenti Group, e Alfonso Grillo, presidente Eiponieon Project Center. L’idea era quella di trasformare l’area dell’ex Italcementi in una grande Parco polivalente, nel cosiddetto “Parco Eiponieon”. I tempi di realizzazione del progetto erano stati stimati dai 36 ai 48 mesi. L’investimento finanziario prevedeva oltre 200 milioni di euro. La struttura, una volta terminata, sarebbe dovuta rimanere aperta dodici mesi l’anno. Duplice era lo scopo del progetto: rilanciare il turismo e fare crescere l’occupazione in una terra particolarmente depressa. Elementi che, secondo gli ideatori del progetto, se messi insieme avrebbero potuto creare un forte indotto economico che naturalmente avrebbe investito sia l’area interessata dal progetto, ma anche il resto del territorio provinciale.

Il deciso stop da parte del gruppo Italcementi di Bergamo

Ma a tutto ciò rispose in maniera decisa e secca la proprietà: «Italcementi – scrisse infatti all’epoca l’azienda – intende sottolineare la propria estraneità rispetto a nuove iniziative di utilizzo del sito di Vibo MarinaL’asset industriale è in vendita, ma le interlocuzioni per una sua cessione non hanno finora prodotto niente di tangibile. I progetti presentati sono quindi stati predisposti senza un preventivo confronto con la proprietà del sito. In aggiunta, l’azienda rileva, suo malgrado, il continuo utilizzo improprio del nome della società e di quello di taluni suoi manager e ribadisce che in assenza di sue comunicazioni ufficiali, in nessun modo si può presumere un accordo rispetto a progetti sull’area». Da allora in poi del Parco polivalente non si seppe più nulla.

Anche se Alfonso Grillo, a seguito della precisazione della Italcementi all’epoca non ha mancato di puntualizzare che «quanto affermato dalla società di Bergamo, e cioè che quest’ultima sia estranea a qualsiasi iniziativa dell’utilizzo del sito di Vibo Marinaè vero, né poteva essere diversamente, in quanto l’idea progettuale proposta è di esclusiva proprietà della società Eiponieon Projet Center srl. Così come è vero che le interlocuzioni in essere, tra l’altro confermate dalla stessa Italcementi, non hanno per il momento prodotto nulla di tangibile poiché, essendo il sito in vendita, anche questo confermato nella stessa nota, siamo in attesa di conoscere quali siano gli ulteriori e successivi passi da formalizzare per giungere alla chiusura delle trattative, avendo noi manifestato con atti ufficiali la volontà di acquistare e avendo richiesto la documentazione in merito».

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