venerdì,Marzo 29 2024

La visita dell’Antimafia a Vibo ed i celati timori della politica locale

La Commissione parlamentare presieduta dal senatore Morra a novembre sarà in città ed il plauso del sindaco Limardo potrebbe rivelarsi un boomerang. Lo scenario “esplosivo” del Vibonese per via dei rapporti fra politici e malavita

La visita dell’Antimafia a Vibo ed i celati timori della politica locale
Nicola Morra

Potrebbe riservare non poche “sorprese” l’annunciata visita della Commissione parlamentare antimafia a Vibo Valentia nel mese di novembre e per molti che si sono affrettati a “spellarsi le mani” – quasi in una preventiva opera di “distrazione di massa” per non parlare delle evidenze accanto a loro – potrebbero esserci seri “mal di pancia”. E’ stato lo stesso presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, a dichiarare il 29 settembre scorso, al termine di una serie di audizioni a Catanzaro – fra le quali quella del procuratore di Vibo Camillo Falvo – che è intenzione della Commissione fare un sopralluogo a Vibo per ascoltare i vertici delle pubbliche amministrazioni vibonesi e “mandare un segnale”. [Continua]

Il procuratore Camillo Falvo

Un’attenzione per Vibo Valentia che è piaciuta al procuratore Camillo Falvo il quale – oltre a porre al centro della discussione il problema del rinforzo degli organici del Tribunale (che si ritrova alle prese con una mole enorme di processi da smaltire e con la prescrizione dei reati sempre più frequente per importanti inchieste avviate dalla Procura ordinaria) – ha dichiarato che lo sforzo investigativo della Dda di Catanzaro darà ancora i propri frutti nei prossimi mesi. Traduzione: le operazioni antimafia Rinascita-Scott e Imponimento sono soltanto l’inizio di una serie di inchieste senza precedenti per il Vibonese e per come, fra l’altro, avevamo preannunciato in tempi non sospetti semplicemente “leggendo” fra le righe di alcuni atti giudiziari e non solo.

Le “sviolinate” della politica e il boomerang

Il sindaco Maria Limardo

In una situazione che si preannuncia “esplosiva” alla luce di molteplici fatti che andiamo ad elencare, si deve registrare la dichiarazione del sindaco di Vibo Valentia, Maria Limardo, la quale sulla preannunciata visita della Commissione parlamentare antimafia, a nome dell’intera amministrazione da lei presieduta,  ha dichiarato di “accogliere con favore” la notizia condividendo “l’appello lanciato ai livelli più alti delle istituzioni dal procuratore della Repubblica, Camillo Falvo, per tenere alta l’attenzione ed evitare di cadere nel dimenticatoio perché da soli – ha dichiarato il primo cittadino – non ce la possiamo fare. Come sindaco di Vibo – ha spiegato Maria Limardo – intendo ringraziare il senatore Morra e tutta la Commissione parlamentare antimafia, il procuratore distrettuale Nicola Gratteri, il procuratore Camillo Falvo e tutte le forze di polizia per il lavoro che stanno portando avantisull’intero territorio calabrese ed in particolare su quello vibonese. Un lavoro di cui abbiamo già sperimentato gli effetti positivi e che, siamo certi, restituirà la serenità ad ogni settore delle nostre comunità”.

L'aula consiliare di Palazzo "Luigi Razza"

Sin qui il primo cittadino di Vibo Valentia. Se però le parole hanno un senso e proviamo ora a calarle nella realtà concreta dei fatti, appaiono subito lampanti (almeno secondo l’opinione di chi scrive) una serie di “problemini” di non poco conto. Un interlocutore distratto o non a conoscenza della realtà di Vibo Valentia, alla luce delle dichiarazioni del sindaco, potrebbe infatti pensare che all’interno del Municipio della città capoluogo di provincia, in tema di lotta alla mafia, sia tutto a posto e, soprattutto, che la politica abbia sinora fatto tutto quanto era in suo dovere fare. Ma è davvero così?

Nicola Gratteri in conferenza stampa per Rinascita-Scott

Le dichiarazioni del sindaco, a ben guardare, sono in perfetta linea con la decisione del giugno scorso del Consiglio comunale di Vibo di conferire la cittadinanza onoraria al procuratore Nicola Gratteri, dimenticando però che proprio il medesimo civico consesso annovera ben 8 consiglieri comunali direttamente richiamati nelle inchieste antimafia (di cui 6 proprio in Rinascita-Scott e due nell’inchiesta Rimpiazzo contro il clan dei Piscopisani) più altri tre stretti congiunti di soggetti accusati dai collaboratori di giustizia oppure indagati in altre inchieste antimafia.

Eppure, a sentire le parole del primo cittadino, occorre “tenere alta l’attenzione per non cadere nel dimenticatoio perché da soli non ce la possiamo fare”. Vero, verissimo. Ma siamo davvero sicuri che la politica vibonese – a parte costituirsi parte civile nei processi di mafia (e ci mancava altro dopo il clamore mediatico…) – ha fatto quanto in suo potere per dare il buon esempio, per tenere determinati personaggi lontani dal “palazzo” e per non svilire le istituzioni?

I consiglieri citati nelle inchieste e le mancate risposte del sindaco

“Da soli non ce la possiamo fare” ha dunque dichiarato il sindaco Maria Limardo. Bene, anzi benissimo. Ma se la magistratura e gli investigatori, che il primo cittadino loda pubblicamente, nei loro atti mettono in evidenza il “livello di infiltrazione del clan Lo BiancoBarba” anche sul Municipio di Vibo Valentia e rimarcano poi i rapporti di alcuni consiglieri comunali con boss mafiosi, che senso ha dire: “da soli non ce la possiamo fare”? Non spetta per caso alla sola politica allontanare dal proprio interno personaggi che – come emerge dalle inchieste – sono soliti intrattenere rapporti con pluripregiudicati, mafiosi e affini?

Carmelo Lo Bianco (Sicarro)

Per essere ancora più chiari e diretti: il sindaco Maria Limardo perché non invita un consigliere comunale della sua maggioranza (è anche capogruppo consiliare) a dimettersi visto che dall’inchiesta Rinascita-Scott emerge (ma emergeva già dall’operazione Nuova Alba del 2007, quindi ben prima delle comunali del maggio 2019) che lo stesso si è recato al matrimonio di un componente della famiglia Barba in compagnia del boss mafioso Carmelo Lo Bianco (alias “Sicarro”), quest’ultimo già all’epoca pluripregiudicato per riciclaggio di denaro proveniente da due sequestri di persona e nelle intercettazioni i due (boss e futuro consigliere comunale) parlano amichevolmente di lupare bianche, caratura mafiosa di alcuni personaggi e presenze di altri boss al matrimonio? E dagli altri consiglieri comunali che abbiamo citato in un apposito articolo (LEGGI QUI: Politica e mafia al Comune di Vibo, ecco i consiglieri agli atti delle inchieste) come mai il primo cittadino non prende le distanze e si è invece preferita la via del silenzio? Come mai fra i consiglieri comunali che la sostengono c’è anche chi, trasvolato dal Partito democratico, si ritrova in questa consiliatura nelle fila di Fratelli d’Italia e, oltre alle note parentele con la famiglia Barba (la stessa al centro di Rinascita-Scott), si ritrova pure al centro delle recentissime dichiarazioni del nuovo collaboratore di giustizia Michele Camillò il quale ha dichiarato che nel 2015 il clan Lo Bianco-Barba ha puntato proprio su tale candidato raccogliendogli i voti? (LEGGI QUI: Rinascita-Scott, il nuovo pentito Camillò e i voti a Vibo per i consiglieri comunali)

L’insegnamento ignorato di Paolo Borsellino

Paolo Borsellino ucciso da Cosa Nostra nel luglio del 1992

Vanno quindi bene – ci permettiamo di far notare – gli applausi agli investigatori, a Gratteri, a Falvo ed a Morra, ma a cosa servono se poi gli atti delle inchieste antimafia non vengono letti o se vengono letti non se ne tiene in alcun conto neanche quando taluni significativi particolari vengono svelati dalla stampa? La via del silenzio a cosa porta? Gli “effetti positivi” di cui parla il primo cittadino, lodando il lavoro degli inquirenti, dove sono se la politica non ha allontanato nessuno di quei consiglieri comunali e politici (tralasciamo alcuni dirigenti e parte della burocrazia comunale) citati nelle inchieste? E non si tiri in ballo la responsabilità penale perché – come amava ripetere Paolo Borsellino“la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, ma spetta ad altri poteri, quello politico in primis, trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituiscono reato ma rendono comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica.

L’inchiesta Imponimento ed il senatore Mangialavori

Giuseppe Mangialavori e Maria Limardo
Giuseppe Mangialavori e Maria Limardo

Stando così le cose – e per i motivi che di qui a breve andrò a spiegare – ecco così che la visita a Vibo Valentia della Commissione parlamentare antimafia, presieduta dal senatore Nicola Morra, rischia di divenire “esplosiva” se solo la stessa decidesse di accendere i riflettori sulle infiltrazioni mafiose negli enti locali del Vibonese. La recente inchiesta “Imponimento” della Dda di Catanzaro ha per esempio portato alle dimissioni di massa degli amministratori di Polia poiché l’assessore ai lavori pubblici di tale centro – Giovanni Anello – è stato arrestato con l’accusa di associazione mafiosa, estorsione, falso e corruzione ed in particolare viene ritenuto un fedelissimo del boss di Filadelfia Rocco Anello. Non solo: nel capo di imputazione contestato a Giovanni Anello, all’imprenditore Daniele Prestanicola (anche lui arrestato) ed all’ex consigliere comunale di Vibo Valentia, Francescantonio Tedesco (pure lui arrestato), c’è anche l’accusa di aver contribuito a formare la strategia del sodalizio criminale in ambito politico, come quando promuovevano il sostegno della cosca alle elezioni politiche nazionali del 2018 al dott. Mangialavori Giuseppe, poi eletto al Senato della Repubblica”.
Lo stesso senatore Giuseppe Mangialavori, componente della Commissione parlamentare antimafia (in quota Forza Italia), che è il principale sponsor politico dell’attuale primo cittadino di Vibo Maria Limardo, da lui scelta e fortemente voluta lo scorso anno quale nuovo sindaco dopo la caduta (provocata da Mangialavori, Forza Italia e altre forze politiche) del sindaco Elio Costa.

Il consigliere regionale Vito Pitaro e le inchieste antimafia

Vito Pitaro

L’altro grande “sponsor politico” dell’attuale amministrazione comunale di Vibo Valentia è invece il neo consigliere regionale Vito Pitaro (eletto a gennaio con la lista “Santelli presidente”) il quale – legame con il senatore Mangialavori a parte dopo aver abbandonato il Pd ed il centrosinistra – ha inserito nella sua Struttura speciale quale “collaboratore esperto” il consigliere comunale di Vibo Valentia, rieletto nelle amministrative del maggio 2019 con la lista “Città Futura” (in appoggio al sindaco Maria Limardo, dopo l’espulsione dal Pd e il sostegno alla coalizione di centrodestra guidata dal senatore di Forza Italia, Giuseppe Mangialavori) Giuseppe Cutrullà, della frazione Piscopio. Lo stesso Giuseppe Cutrullà intercettato al telefono a parlare di questioni finanziarie (conversazione di 21 minuti agli atti dell’inchiesta “Rimpiazzo”) con un soggetto ora imputato per associazione mafiosa, narcotraffico ed estorsione, nonché figlio di altro personaggio ben noto alle forze dell’ordine. Dello stesso consigliere regionale Vito Pitaro (a sua volta intercettato al telefono decine di volte dalla Squadra Mobile nell’inchiesta “Rimpiazzo” con il presunto killer e capo dei Piscopisani, Rosario Fiorillo, già all’epoca pluripregiudicato) parla da ultimo pure il collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena in verbali discoverati ed agli atti dell’inchiesta Rinascita-Scott.

Lo scenario nell’intero Vibonese e la visita dell’Antimafia

Stando così le cose – e tenendo ben presente che al Comune di Vibo la Guardia di Finanza lo scorso anno, su delega della Dda di Catanzaro, ha acquisito una mole enorme di atti nell’ambito di un’inchiesta che potrebbe riservare non poche sorprese (LEGGI QUI: Inchiesta sul Comune di Vibo, ecco le ipotesi di reato e tutti i documenti acquisiti) – il quadro di quel che potrà accadere a Vibo e nel Vibonese se la Commissione parlamentare antimafia deciderà di accendere i riflettori sui legami mafia-politica nei Comuni è facilmente immaginabile, soprattutto alla luce delle mancate risposte ai bisogni dei cittadini che tale classe politica (non tutta ma buona parte) continua a non dare (significativa in tal senso è stata la recentissima bocciatura da parte degli elettori di Serra San Bruno dell’accordo politico fra l’ex deputato del Pd Bruno Censore e l’ex assessore regionale di Fi Nazzareno Salerno).

Fra sindaci rieletti dopo aver subito un primo scioglimento per infiltrazioni mafiose, sindaci chiamati in causa in Rinascita-Scott, sindaci con i genitori condannati in via definitiva per essere stati a capo di gruppi dediti al racket delle estorsioni, consiglieri comunali sotto processo per corruzione aggravata dalle finalità mafiose, consiglieri comunali con i padri sotto processo per associazione mafiosa, sindaci sotto processo per falso ideologico, sindaci e vicesindaci sotto processo per concussione (LEGGI QUI: Alloggi a Sorianello: a processo sindaco, vice e un assessore di Vibo), consiglieri che inneggiano a Totò Riina su facebook (LEGGI QUI: Muore Totò Riina e nel Vibonese un consigliere chiede su facebook un minuto di silenzio per “zio Totò”) ed altri che condividono sui social network canzoni che inneggiano ai latitanti di ‘ndrangheta (LEGGI QUI: Joppolo fra consiglieri al Tar contro il Comune e canzoni che inneggiano ai latitanti), si trova davvero di tutto (anche segretari cittadini di partiti politici con comparaggi con pluripregiudicati e con i genitori in galera per mafia in Rinascita-Scott).

Da Briatico (che esce dal terzo commissariamento per mafia) a Sant’Onofrio e Filogaso (Comuni citati nell’ultima informativa di Rinascita-Scott), da Zungri a Tropea (dove l’ultima relazione di scioglimento per infiltrazioni mafiose del 2016 ne ha anche per l’attuale maggioranza, che all’epoca era minoranza, e dove non mancano strettissimi legami parentali degli amministratori o consiglieri comunali con pluripregiudicati anche per mafia), da Joppolo a Mongiana, da Sorianello a Capistrano (LEGGI QUI: Operazione Imponimento: indagato un consigliere di Capistrano e il fratello di altro politico ), passando per Limbadi (che esce dal commissariamento per inifiltrazioni mafiose), di materiale per la Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Nicola Morra, non ne manca di certo se si vorrà andare a fondo nel rapporto mafia-politica nel Vibonese, magari chiedendo supporto alla Prefettura di Vibo (ed alle forze dell’ordine) come già fatto nel 2014 dall’allora Commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi.

Limbadi e l’Antimafia

Il sindaco di Limbadi Pantaleone Mercuri

Per concludere non si può fare a meno di ricordare l’insediamento della nuova amministrazione comunale di Limbadi, guidata dal sindaco Pantaleone Mercuri, avvenuta alla presenza – nel corso del primo Consiglio comunale – anche del prefetto di Vibo Valentia Francesco Zito. Ci eravamo occupati dei candidati alle comunali di Limbadi – così come dei candidati di Briatico e Ricadi – per segnalare alcuni fatti specifici ed evitare di fare di tutta l’erba un fascio: il recente coinvolgimento di un nipote di Pantaleone Mercuri (Giuseppe Mercuri) nell’inchiesta “Imponimento” per il reato di assistenza agli associati con l’aggravante mafiosa (l’accusa è di aver favorito incontri riservati fra il clan Anello di Filadelfia ed esponenti del clan Mancuso di Limbadi); la presenza del figlio della candidata a sindaco Rosalba Sesto (ora consigliere comunale di minoranza) ad un incontro con il boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, con Antonino Accorinti, ritenuto il boss di Briatico, e altri soggetti poi condannati per mafia; le dure parole di censura su tale incontro messe nero su bianco da un giudice terzo nella sentenza “Costa Pulita” che ha interessato Antonino Accorinti; la presenza di un candidato (ora salito a consigliere comunale ed a cui il sindaco ha affidato la delega ad uno specifico settore) che non ha fatto mistero della sua amicizia con uno dei figli del boss Cosmo Michele Mancuso e che nel 2015 è stato controllato dai carabinieri in un’abitazione in compagnia di un soggetto arrestato nel 2013 per spaccio di marijuana; uno dei candidati (ora consigliere comunale) è stato invece controllato in auto nel 2007 dalle forze dell’ordine in compagnia di un pregiudicato di Nicotera, mentre nel 2008 è stato controllato in compagnia di uno dei figli del boss Cosmo Michele Mancuso; una candidata al consiglio comunale (non è stata eletta) nella lista della maggioranza è la figlia di un imputato dell’operazione “Rinascita-Scott”.

Proprio a seguito dell’inchiesta giornalistica de Il Vibonese.it su Limbadi e Briatico si era registrato il monito del presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, che aveva invitato i cittadini ad un voto responsabile verso candidati scevri da ogni ombra.

Restando a Limbadi – tralasciando insulti e offese (cosa ben diversa dalle legittime critiche) verso il nostro lavoro espressi in buona compagnia da politici locali e aspiranti tali, stretti congiunti dei Mancuso, penne varie ed aspiranti “opinionisti” – ben si comprende quindi (come sottolineato anche dal commissario prefettizio uscente Antonio Reppucci, a capo della terna commissariale) come molto resta il lavoro da fare per ripristinare la normalità, prima ancora che la legalità. Normalità che significa in primis rispetto per il lavoro altrui (Commissione parlamentare antimafia, magistratura o giornalismo che sia) e risposte sui fatti specifici di cui si è scritto, senza agitare inesistenti fantasmi esterni intenti ad “affossare” Limbadi (accusa che andrebbe casomai rivolta ai Mancuso ed ai loro amici, mai nominati però nel corso della campagna elettorale). Perché è vero che la sovranità appartiene al popolo, ma che “la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Quella stessa carta costituzionale che – lo ribadiamo – impone ai cittadini cui siano affidate “pubbliche funzioni il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.

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