Arsenale a Piscopio, resta in carcere il possessore delle armi
Il ritrovamento dei carabinieri all’attenzione della Dda di Catanzaro. Ulteriori esami permetteranno di capire se e dove le armi siano già state utilizzate
E’ stato convalidato dal gip del Tribunale di Vibo Valentia, Tiziana Macrì, l’arresto di Filippo Di Miceli, 48 anni, di Piscopio, fermato nei giorni scorsi dai carabinieri poiché trovato in possesso di un vero e proprio arsenale con le armi debitamente occultate nelle mura perimetrali dell’abitazione. Filippo Di Miceli, dunque, resta in carcere, così come chiesto dalla Procura di Vibo Valentia, ma il ritrovamento delle armi è all’attenzione della Dda di Catanzaro e l’intero “carteggio” dalla Procura di Vibo potrebbe presto finire sulle scrivanie della Procura distrettuale antimafia guidata da Nicola Gratteri. Il quantitativo di armi rinvenuto e sequestrato è infatti tale da ipotizzare il coinvolgimento di alcuni personaggi di spessore legati al clan dei Piscopisani. Per l’esattezza, i carabinieri del Nucleo Investigativo e della Compagnia di Vibo Valentia, i “falchi” dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria e una squadra di artificieri dei carabinieri di Reggio Calabria hanno trovato: un fucile d’assalto Ak 47 kalashnikov, sei fucili di vari modelli di cui due a pompa ed uno a canne mozze, una mitragliatrice, una pistola semiautomatica, un giubbotto antiproiettile, un passamontagna, tre caricatori per pistola, oltre 700 cartucce di vario calibro, quasi ottanta apparecchi d’innesco e polvere da sparo. Nelle vicinanze dell’abitazione, i carabinieri hanno poi rinvenuto un altro mini arsenale con due pistole (una calibro 40 smith&wesson e una semiautomatica), un silenziatore, tre caricatori, svariate cartucce e 250 grammi di marijuana. [Continua dopo la pubblicità]
Due familiari dell’arrestato sono stati denunciati poiché uno trovato in possesso di denaro contante (di cui non ha saputo giustificare la provenienza) e l’altro poiché trovato con quasi 300 cartucce di vario calibro. Le indagini dei carabinieri proseguono spedite per chiarire ogni aspetto sul possesso delle armi, già inviate agli specialisti per capire se e in quali azioni di fuoco siano state utilizzate. Esami tecnici che potrebbero aprire ulteriori scenari investigativi su un “locale” di ‘ndrangheta – quello dei Piscopisani – che, dopo l’operazione “Rimpiazzo” (di cui si attende l’avviso di conclusione indagini), aspetta di essere ora colpito – oltre che per ulteriori fatti di sangue – anche per le complicità con i “colletti bianchi”: imprenditori, “talpe” e politici in primis grazie ai quali il clan si è assicurato negli anni favori e protezione.
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