Tropea, il sindaco contro l’ex testimone di giustizia Di Costa: «E’ un soggetto noto alle forze dell’ordine»
Nel corso del Consiglio comunale odierno il primo cittadino si sofferma sulle ultime vicende che hanno interessato il cimitero, ma nella sua ricostruzione le date non tornano. La replica di Di Costa definito dalla Cassazione «credibile e coerente»
Per la Cassazione Pietro Di Costa è un testimone di giustizia “coerente e credibile” ed ha fatto emergere attraverso le sue denunce prima, e le testimonianze nelle aule di giustizia poi, le ingerenze dei clan vibonesi nel settore degli istituti di vigilanza arrivando a far condannare quattro persone, tra le quali pure un poliziotto. Per il sindaco di Tropea Giovanni Macrì – però, secondo quanto dichiarato pubblicamente dallo stesso nel corso del Consiglio comunale odierno – l’ex testimone di giustizia Pietro Di Costa “ha al suo attivo diverse condanne, una sicura – ha affermato il primo cittadino – ma un’altra credo anche per diffamazione, ed è quindi un soggetto con un curriculum molto interessante, con diversi procedimenti in corso, uno dei quali mi vede parte attiva. Un soggetto, quindi – ha ancora aggiunto testualmente il sindaco Macrì nel corso del Consiglio comunale – noto alle forze dell’ordine che ha ritenuto di allertare la stampa e anche le forze dell’ordine su situazioni non propriamente chiare”. A cosa si riferisce il sindaco è presto detto e lo chiarisce lo stesso primo cittadino nel corso del suo intervento: “alle problematiche apparenti o reali” (così le definisce Giovanni Macrì)che “hanno interessato il cimitero”. Di Tropea, ovviamente, ovvero lo scandalo del c.d. “Cimitero degli orrori” scoppiato nel febbraio 2021.
“Problematiche che la stampa, certa stampa” – ha affermato ancora il sindaco guardandosi però bene dal dire a chi si riferisce quando parla di “certa stampa” – sulla base anche di dichiarazioni rese o inviate da tale Pietro Di Costa” avrebbe riportato. Giovanni Macrì rivela quindi che Pietro Di Costa gli avrebbe “inviato un WhatsApp, salvo poi cancellarlo immediatamente, dove c’erano fotografie di una parte del cimitero con dei calcinacci caduti per terra e con l’affermazione “vergognati”. La cosa – ha aggiunto il sindaco – forma oggetto di una memoria-denuncia che ho mandato alle forze dell’ordine. Ovviamente io – ha proseguito il sindaco – non ho dato seguito a quello che meritava questo messaggio e abbiamo chiesto delle delucidazioni al custode. Insomma era accaduto che il tetto di una edicola vecchia era caduto. Sulla base dei suoi rilievi – ha aggiunto Giovanni Macrì – evidentemente Di Costa ha chiesto l’intervento alle forze dell’ordine che si sono premurate di fare un’ispezione al cimitero. Quindi, rispetto a quello che aveva segnalato non è stato rinvenuto nulla di rilevante – ha dichiarato sempre il sindaco il Consiglio – mentre è stato rivelata, secondo gli operatori, una problematica sui muri perimetrali del 1.800, quindi in una delle parti più antiche del cimitero e segnatamente su due loculi in alto che presentavano due buchi dovuti alla vetustà e, diciamo, alle caratteristiche della realizzazione.
Quindi erano molto delicati e quindi presentavano questi segni di vetustà. Stiamo chiarendo la problematica, la situazione, chiamatela come volte, con l’autorità giudiziaria per come è giusto che sia. Dico solo che è stato detto troppo e troppo male – ha concluso il sindaco Macrì – e che la situazione rappresentata dalle autorità è stata già fotografata nel 2021 e analiticamente documentata durante le ispezioni e i controlli che abbiamo fatto a seguito dei noti fatti; quindi la situazione è cristallizzata già dal febbraio e che riproduce in modo identico la situazione oggi rappresentata”. Per il sindaco, dunque, non vi è alcuna novità su quanto scoperto dalla Guardia di finanza e dalla Polizia il 14 luglio scorso rispetto a quanto trovato nel febbraio 2021 a seguito dello scandalo del c.d. “Cimitero degli orrori” con al centro la figura dell’allora custode Franco Trecate (premiato pubblicamente per “abnegazione al lavoro” dal sindaco nel settembre 2020). Per il primo cittadino, inoltre (per come dichiarato in Consiglio comunale) i controlli al cimitero di Tropea da parte della Finanza e della Polizia sarebbero “nati dalle segnalazioni di Pietro Di Costa in ordine al crollo del tetto di una cappella e nulla sarebbe emerso, salvo poi estendere le attività in altra parte del cimitero – con loculi del 1.800 – e qui trovare due buchi sui muri perimetrali”. Ma sono andate davvero così le cose? Non esattamente e le date smentiscono la ricostruzione del sindaco. Innanzitutto la denuncia di Pietro Di Costa riguardo al crollo ed al cedimento del tetto di alcune strutture all’interno del locale cimitero porta la data di martedì 11 luglio (LEGGI QUI: Crolli e cedimenti al cimitero di Tropea) e ci risulta che l’ex testimone di giustizia si sia rivolto alla sola stampa – e non anche alle forze dell’ordine – per denunciare tale situazione del crollo e dei calcinacci. In ogni caso, invece, la segnalazione alle forze dell’ordine da parte di Pietro Di Costa per la profanazione di alcuni loculi nel cimitero (che è cosa ben diversa dal cedimento del tetto di una cappella) è stata fatta la mattina di venerdì 14 luglio ed è proprio in tale giornata – ed a seguito di tale specifica segnalazione – che è stato effettuato un blitz all’interno del cimitero da parte della Finanza e della Polizia intorno alle ore 10 e che è andato avanti sino alle ore 13, portando alla scoperta di tre loculi profanati e danneggiati. Nessun collegamento, dunque, tra quanto scoperto il 14 luglio dai finanzieri e dai poliziotti e l’altra segnalazione fatta da Di Costa nei giorni precedenti (11 luglio) in ordine al cedimento di alcune vecchie cappelle avvenuto in altra e ben diversa zona del cimitero di Tropea rispetto a quella dove sono stati ritrovati i tre loculi profanati. In ordine alle affermazioni del sindaco Giovanni Macrì in Consiglio comunale, intanto, l’ex testimone di giustizia Pietro Di Costa non le ha mandate a dire al primo cittadino, affermando di essere “sì noto alle forze dell’ordine, ma non certo nell’accezione negativa che il sindaco ha voluto attribuirgli, bensì per aver dato un contributo concreto alla giustizia contro il malaffare ed i clan”.
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