
Dalla “rossa” di Tropea al pecorino del Poro, viaggio tra i prodotti simbolo del territorio vibonese

Dalla “rossa” di Tropea al pecorino del Poro, viaggio tra i prodotti simbolo del territorio vibonese

Dalla “rossa” di Tropea al pecorino del Poro, viaggio tra i prodotti simbolo del territorio vibonese

Dalla “rossa” di Tropea al pecorino del Poro, viaggio tra i prodotti simbolo del territorio vibonese

Dalla “rossa” di Tropea al pecorino del Poro, viaggio tra i prodotti simbolo del territorio vibonese

Dalla “rossa” di Tropea al pecorino del Poro, viaggio tra i prodotti simbolo del territorio vibonese

Dalla “rossa” di Tropea al pecorino del Poro, viaggio tra i prodotti simbolo del territorio vibonese

Dalla “rossa” di Tropea al pecorino del Poro, viaggio tra i prodotti simbolo del territorio vibonese

Dalla “rossa” di Tropea al pecorino del Poro, viaggio tra i prodotti simbolo del territorio vibonese

Dalla “rossa” di Tropea al pecorino del Poro, viaggio tra i prodotti simbolo del territorio vibonese
Siti culturali capaci di raccontare una terra millenaria, coste dalle spiagge bianchissime, il mare che si perde con il cielo. Ma anche paesaggi montani suggestivi, percorsi nella natura e uno scrigno di eccellenze dell’enogastronomia davvero invidiabile. Sono numerosi i prodotti tipici del comprensorio vibonese: l’immancabile ‘nduja, il pecorino del Poro, la cipolla di Tropea, i fagioli di Caria e San Nicola da Crissa. E ancora il pane, l’olio d’oliva, il tartufo gelato di Pizzo, i fileja, la pitta chijna, i mostaccioli, i funghi serresi. Tutti prodotti di grande qualità simbolo di un territorio fortemente legato alla terra e al mondo contadino. Racchiudono sapori di tempi passati e, con l’arrivo dell’estate, vengono apprezzati dai turisti in visita nella nostra provincia e riscoperti dagli emigrati di ritorno nei paesi d’origine. Queste eccellenze, divenute nel tempo simbolo della Calabria, ad oggi sono conosciute ben oltre i confini regionali. Eccone alcune.

È la “rossa” più amata dai calabresi, vanta l’igp ed è simbolo dell’intero comprensorio vibonese. La cipolla di Tropea è protagonista indiscussa di molteplici ricette. Tuttavia, vista la sua straordinaria dolcezza, può essere gustata anche cruda. È così versatile da essere declinata in birra, panettone, gelato. Tutte le qualità derivano dal corredo genetico e della interazione con l’ambiente in cui viene coltivata ovvero: terreno, vicinanza dal mare, temperature, umidità. La storia della cipolla affonda nella notte dei tempi. Venne importata dai Fenici circa 4mila anni fa. Grazie a questo popolo di abili navigatori e commercianti del Mediterraneo la cipolla giunse sulle coste calabresi. La coltivazione si diffuse nel Vibonese grazie ai terreni fertili e al clima mite. Ancora oggi viene ampiamente prodotta nei territori dell’area tirrenica.

La pitta chjina è una antica pietanza della cultura contadina calabrese che si riallaccia all’uso di braccianti e pastori di consumare pasti frugali ma sostanziosi durante le giornate nei campi. Le massaie si occupavano di realizzare grandi pitte di pane per poi arricchirle con salsa di pomodoro, olive, peperoni arrosto e acciughe. La pitta, una volta cotta nel forno a legna, poteva essere facilmente tagliata a spicchi e consumata con comodità. Tra i paesi particolarmente legati alla pitta chijna troviamo San Costantino Calabro dove si tiene anche una sagra dedicata alla gustosa pietanza. Altra eccellenza è il pane di Stefanaconi, divenuto simbolo del paese. Realizzato con ingredienti genuini, la sua fragranza conquista anche i palati più esigenti. La festa del pane di Stefanaconi e la sagra della pitta di San Costantino la scorsa primavera hanno ottenuto il marchio qualità Epli, riconoscimento che “premia” gli eventi che promuovono il patrimonio materiale e immateriale dei territori, anche dei contesti più piccoli.

C’è poi il pecorino del Monte Poro dop, formaggio prodotto con latte di pecora e caglio. Può essere gustato fresco, semi-stagionato oppure stagionato e viene prodotto in diverse zone della provincia tra cui Joppolo, Spilinga, Zungri, Rombiolo, Nicotera, Limbadi, Pizzo, Stefanaconi, Tropea, San Costantino Calabro, San Gregorio d’Ippona, San Calogero, Parghelia, Filandari, Drapia, Briatico, Ricadi, Francica, Maierato.
In base al grado di stagionatura, l’impiego in cucina varia. Il pecorino del Monte Poro è frutto della millenaria tradizione casearia locale. L’area, con il clima mite e i terreni fertili, ha contribuito allo sviluppo della pastorizia. A fare la differenza, infatti, è il latte utilizzato proveniente dalle razze comisana, sarda e in alcuni casi di “malvizza” allevate allo strado brado.

L’insaccato viene prodotto in diverse zone della regione (e anche all’estero), ma Spilinga da sempre ne rivendica la paternità. A sua maestà la ‘nduja vengono tradizionalmente dedicate iniziative enogastronomiche, sagre e degustazioni. Il suo impiego in cucina ha conquistano nella modernità anche gli chef stellati di tutto il mondo che la propongono in piatti d’alta cucina.
Probabilmente l’origine del nome proviene dal francese, dal termine ‘andouille’, con il quale si indicavano le frattaglie. La ‘nduja è infatti realizzata con un mix di grasso, carne suine e ovviamente peperoncino rosso. Si degusta come antipasto oppure figura tra gli ingredienti per la preparazione di piatti della tradizione come fagioli e ‘nduja oppure fileja, altro prodotto simbolo del Vibonese, e ‘nduja.

Legumi in scatola? La “sujaca” di Caria di Drapia è tutta un’altra storia. Si tratta di una varietà di fagiolo locale “figlio” del Monte Poro e si coltiva soprattutto nei territori di Drapia, Zungri e Zaccanopoli. Possiede un alto contenuto proteico che rende il piatto un validissimo sostituto della carna. Le principali varietà come sottolineato da Arsac, Azienda regionale per lo sviluppo dell’agricoltura calabrese- sono tre: “Murisca”, “Burru” e “Cannellina”.
La prima ha un sapore croccante, dolce ed è molto resistente alla cottura. La Cannellina si distingue per la forma allungata di colore bianca. Più arrotondata quella “a burru”. La cottura di quest’ultima risulta più veloce. Nei paesi di montagna, in particolare a San Nicola da Crissa viene invece prodotto un fagiolo bianco, rientrante nella famiglia dei borlotti. La sua coltivazione è storica e interessa zone a quote di poco superiore ai 600 metri sopra il livello del mare. Alla “suriaca russa-janca” di San Nicola da Crissa viene riconosciuta la De.co. ovvero denominazione comunale di origine.

È la pasta simbolo del territorio. Impastati a mano o anche acquistabili nei supermercati. I fileja, nel nostro territorio, rappresentano il piatto principe delle tavole vibonesi. Rientrano nella cucina “povera” calabrese e rimandano ad un tempo passato popolato di massaie infaticabili e ingredienti genuini. Nell’immaginario di molti, rivive il ricordo delle mamme e nonne calabresi che partendo da un semplice impasto con farina, acqua e sale, attorcigliavano la pasta attorno ad una bacchetta sottile, tradizionalmente chiamato “danacu” per dare la giusta forma. Un attrezzo che continua a troneggiare tutt’oggi nelle cucine delle comari.

La forma irregolare riflette la sua lavorazione artigianale. Fiore all’occhiello della pasticceria calabrese, il tartufo di Pizzo è considerato il gelato artigianale per eccellenza. Conosciuto in tutto il mondo è stato il primo gelato in Europa ad aver ottenuto il marchio di Indicazione geografica protetta, igp. Il gusto originale è quello di nocciola e cacao con un cuore fondente. Il suo sapore ha conquistato vip e stelle del mondo del cinema e dello spettacolo. Con il tempo i gusti hanno subito “ammodernamenti”. Tra quelli oggi disponibili si trovano al cedro, tartufo bianco, pistacchio, fondente.

Ma quale contorno? I funghi serresi, con le giuste ricette, possono essere considerati un piatto principale di tutto rispetto. Vengono raccolti nei territori nei boschi e sono tipici non solo di Serra San Bruno ma anche dei paesi limitrofi come Soriano, Sorianello, Mongiana, Vallelonga, Fabrizia. Nel cuore del Parco delle Serre, a 850 metri sul livello del mare si sviluppa un sottobosco che custodisce preziose e prelibate specie. La loro fama richiama ogni anno, specie in autunno, appassionati della raccolta o anche solo del gusto, da tutta la Calabria. A Serra viene addirittura dedicata una festa, l’ormai storica Festa del fungo.
Biscotti al miele dalle forme diverse, a volte anche bizzarre. A Soriano si continua a tramandare la tradizione dei mostaccioli. Il nome con ogni probabilità fa riferimento al mosto, usato fin dai tempi antichi per la preparazione. Vengono confezionati con carta stagnola verde e rossa che vivacizza ancora di più le figure e sono tipici delle feste patronali o del Natale. Il prodotto è anche facilmente reperibile dai commercianti ambulanti che affollano i mercati vibonesi.

Non da ultimo il Gal punta anche alla valorizzazione di prodotti di nicchia, ovviamente made nel Vibonese. Fra questi: le fragole, le castagne di Pizzoni e il peperoncino pizzitano. Massima attenzione viene poi riservata ai fagioli “zicca janca” di Arena) e il poverello bianco (Briatico), il peperoncino (“tri pizzi” di Spilinga), alcuni vitigni perduti o quasi, (“ulivella” di Drapia e zibibbo di Pizzo), miele vibonese (San Costantino), e grano “rosia” (Maierato).
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