
8 marzo: ecco le donne vibonesi che hanno lasciato un segno tra cultura, fede e gesti d'amore

8 marzo: ecco le donne vibonesi che hanno lasciato un segno tra cultura, fede e gesti d'amore

8 marzo: ecco le donne vibonesi che hanno lasciato un segno tra cultura, fede e gesti d'amore

8 marzo: ecco le donne vibonesi che hanno lasciato un segno tra cultura, fede e gesti d'amore

8 marzo: ecco le donne vibonesi che hanno lasciato un segno tra cultura, fede e gesti d'amore

8 marzo: ecco le donne vibonesi che hanno lasciato un segno tra cultura, fede e gesti d'amore

8 marzo: ecco le donne vibonesi che hanno lasciato un segno tra cultura, fede e gesti d'amore
Sono tante le donne vibonesi che hanno lasciato il segno. Nella giornata in cui, a livello internazionale, si celebra la figura femminile e si ribadisce quanto sia importante la sua emancipazione e il raggiungimento di pari diritti rispetto agli uomini, ne vogliamo ricordare alcune, i cui nomi continuano a risuonare. Con la loro fede, la loro cultura e arte, i loro gesti d’amore hanno reso indimenticabili le loro vite.
Ma oggi, 8 marzo, è il giorno in cui si festeggiano tutte le donne: mamme, sorelle, figlie, religiose, lavoratrici… pilastri per le proprie famiglie e comunità, custodi di saperi e di tradizioni tramandate di generazione in generazione. Quelle vibonesi e calabresi, nate e cresciute in una terra bellissima ma a tratti difficile, e forse è proprio questo il segreto. Le sfide economiche, sociali e culturali di fronte a cui si sono trovate ne hanno forgiato il coraggio, facendo di loro creature che raramente si arrendono davanti alle difficoltà. Le sei figure femminili che oggi vi raccontiamo – sei vite a tratti lontanissime tra di loro – sono solo un esempio di un universo vasto e fatto da migliaia di storie.
Di seguito la nostra piccola “selezione” di donne vibonesi speciali. Clicca su AVANTI per scoprirle tutte.

Concetta Pontorieri è stata la prima donna calabrese a laurearsi, un traguardo straordinario in un’epoca in cui era difficile accedere e continuare gli studi per tutti. Nata nel 1897 a Rombiolo, pur essendo di buona famiglia in quanto donna si trovò a sfidare i pregiudizi dell’epoca e a superare mille difficoltà e malumori per perseguire il suo obiettivo: studiare. Numerose le resistenze anche tra le mura di casa, tant’è che quando uno dei fratelli maggiori l’accompagnò a Roma per iscriversi all’Università La Sapienza, l’avrebbe salutata dicendole: «Avrei preferito accompagnarti al tuo funerale». Dover stare lontana da casa, per giunta da sola, non era di certo una cosa ben vista all’epoca, ma Concetta andò avanti sulla sua strada. Pochi anni dopo si trasferì a Torino dove conseguì la laurea in Scienze Naturali. Era la prima donna calabrese a farcela, aprendo la strada a tante altre che sarebbero venute dopo. Concetta si dedicò poi all’insegnamento, una vita molto lunga la sua: è morta a 107 anni nel 2004. A Ionadi due anni fa le è stata intitolata una biblioteca.

In quanti sanno che c’è una suora vibonese tra i primi a concepire e mettere in atto il sistema delle adozioni a distanza? È la storia di suor Tarcisia Rizzo, nata a Brivadi di Ricadi in una semplice famiglia di contadini. Anche suo fratello Rosario avrebbe abbracciato la vita religiosa, divenendo padre redentorista. Lei, divenuta giovanissima suora battistina, negli anni Sessanta lasciò la sua Calabria per tendere la mano a chi aveva ancora più bisogno e divenendo un punto di riferimento nella povertà assoluta di un Paese come lo Zambia. Qui si mette al servizio di chi vive nella miseria, degli emarginati, dei lebbrosi. Fa da maestra, da infermiera, da ostetrica. E fonda la missione San Francesco nel Distretto di Solwezi, nella parte nord occidentale dello Zambia. In quest’ambito attua le adozioni a distanza, tramite cui con piccole cifre si riesce ad aiutare i bambini senza sradicarli dalla loro terra. Suor Tarcisia morì proprio in Africa, nel 1997 a causa di un incidente stradale. La sua salma fece ritorno a casa e riposa oggi nel piccolo cimitero di San Nicolò di Ricadi. Nel suo paesino d’origine, Brivadi, oggi esiste una via che porta il suo nome.

Il gesto d’amore suo e della sua famiglia, a distanza di quasi 26 anni, è vivo nella memoria di molti. Tania Conocchiella è la prima donatrice di organi nella provincia di Vibo Valentia. Il 3 agosto 1999 ebbe un terribile incidente, fu trasportata all’ospedale di Vibo Valentia dove le sue condizioni apparvero da subito gravissime. Due giorni dopo all’ospedale Riuniti di Reggio Calabria, il cuore di Tania cessa di vivere: prima però vengono donati i suoi reni, le cornee e le valvole mitraliche. Il suo sacrificio salverà così più vite. Il 21 agosto dello stesso anno, la Provincia di Vibo Valentia ha riconosciuto il grande gesto d’amore di Tania, prima donatrice multi organo e tessuti della provincia, con una medaglia d’oro al valore. Alla memoria della giovane è intitolata l’Aido di Briatico, che l’anno scorso sotto la guida di Angela Frati – mamma di Tania – ha compiuto 25 anni. Un’associazione importante sul territorio, che ha come obiettivo primario quello di sensibilizzare sull’importanza della donazione.

Il 7 aprile 2019 è stata proclamata Serva di Dio dalla Chiesa cattolica. Il processo perché diventi beata è aperto, ma per molti – vibonesi e non solo – Mamma Natuzza è molto di più. È una vera e propria venerazione quella nei suoi confronti da parte di quanti l’hanno conosciuta o che si appellano a lei nei momenti di bisogno. Natuzza Evolo nasce nel 1924 a Paravati di Mileto, la sua è una vita dedicata alla famiglia – ha avuto 5 figli – e alla preghiera. Fin da giovanissima è stata protagonista di fenomeni paranormali: dalle visioni della Madonna e di Gesù ai dialoghi con i defunti, dalle stigmate durante la settimana santa alla bilocazione. Apprezzata per la sua semplicità, ogni giorno riceveva tantissime persone che correvano da lei in cerca di conforto e di preghiere. E ancora oggi è così: la sua tomba (è morta nel giorno di Tutti i Santi del 2009) e la chiesa dedicata al Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime – voluta da lei stessa su indicazione della Madonna e finalmente aperta al culto nel 2022 – sono ogni anno meta di migliaia di fedeli.

Una violinista dal talento straordinario, scomparsa tragicamente a soli 26 anni nel 2016. È Greta Medini: nonostante il tempo trascorso dalla sua scomparsa, Vibo non la dimentica. E infatti, quando Il Vibonese ha proposto un sondaggio su quale potesse essere il nome del nuovo teatro comunale, in molti hanno scelto lei: un vero plebiscito, con oltre il 67% dei voti. Ad appena 16 anni, Greta Medini si diplomò al Conservatorio Torrefranca e iniziò molto presto a esibirsi in pubblico. In pochissimo tempo riuscì a diffondere nel mondo il nome di Vibo Valentia, apprezzata da maestri di grande spessore nazionale e internazionale, unanimi nel sostenere che un talento come il suo è cosa rara. Nel gennaio 2005 ha suonato per il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in visita a Vibo Valentia ed è stata protagonista di tournée in tutto il mondo. La sua prematura scomparsa rappresentò un dolore immenso per la città. Un mese fa la sua mamma ci ha aperto le porte della sua stanzetta, dove tutto è rimasto fermo a quel drammatico dicembre del 2016.

Era nata nel 1907 in una famiglia facoltosa, figlia del conte Antonino Scrugli di Tropea, ma giovanissima decise di abbandonare ogni comodità e agio per dedicarsi alla preghiera e soprattutto a chi viveva nella miseria. Irma Scrugli aveva 23 anni quando decise di seguire don Francesco Mottola come carmelitana della strada, a servizio dei più poveri e degli ammalati. Proprio con il beato tropeano, fu cofondatrice della Famiglia degli Oblati e delle Oblate del Sacro Cuore, che ancora oggi si occupa dei più deboli e anima le parrocchie. Si spense nella sua Tropea nel settembre del 1994. Proclamata Serva di Dio, vent’anni dopo la sua morte è stata aperta la causa di beatificazione, che va avanti ancora oggi: gli ultimi sviluppi pochi mesi fa, con la conclusione dell’Inchiesta supplementare chiesta dal Dicastero delle cause dei santi, nell’ambito della quale sono state presentate nuove prove e ascoltati altri testimoni.
Un paio d’anni fa, inoltre, in occasione dell’anniversario della sua nascita il Comune di Tropea le ha intitolato una via del borgo – la vecchia via Roma, che dall’antico Sedile conduce alla cattedrale.
Tutti gli articoli di Società